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Gli imprenditori sono il motore economico italiano.

L’azienda è il motore economico della famiglia, ma anche motore economico sociale. Produce ricchezza per chi ne ha la proprietà, ma anche per i dipendenti, per i fornitori, per il commercialista, l’avvocato, per il consulente del lavoro, per l’impresa di pulizie.

Poi questa ricchezza viene distribuita tra imprenditore e gli altri dirigenti e produce ulteriore ricchezza a ristoranti, palestre, banche, ipermercati e così via.
Parte di questa ricchezza va anche allo stato tramite le famosissime tasse.

Considerando che la maggior parte delle aziende risulta di stampo familiare e sono in capo all’imprenditore-fondatore, risulta fondamentale conoscere l’esistenza di strumenti giuridici che possano unire le esigenze dell’imprenditore a quelle della famiglia.

Il patto di famiglia permette di dare una continuità aziendale e raggiungere questo scopo: unire l’interesse di imprenditore, famiglia, stato e della comunità in generale.

Il problema non è né il PATTO DI FAMIGLIA, né L’IMPRENDITORE, ma piuttosto il vuoto, in termini di informazione e sensibilizzazione, che sussiste tra lo strumento tecnico e l’imprenditore.
Il patto di famiglia è un mezzo, uno strumento, un bene dell’imprenditore, della sua azienda e della sua famiglia, che purtroppo è là, ma spesso MANCA CHI È IN GRADO DI CONSEGNARGLIELO.

(Avv. Massimo Perini – tratto dal libro “il patrimonialista”)

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